SLONGO: «LA VUELTA È UN OBIETTIVO»

PROFESSIONISTI | 17/08/2017 | 07:11
Lo Squalo è pronto ad azzannare la Vuelta. Vincenzo Ni­bali, dopo aver lottato per la maglia rosa, ha messo nel mi­rino quella rossa, che ha già saputo conquistare nel 2010. Il terzo posto al Gi­ro d’Italia non l’ha soddisfatto a pie­no e non potrebbe essere altrimenti per un vincente come lui, re della corsa ro­sa nel 2013 e 2016, e primo sul podio di Parigi nel 2014.

L’azzurro più vincente degli ultimi anni torna in Spagna dopo la squalifica del 2015 per traino alla seconda tappa, con la voglia di dimostrare ancora una volta il suo valore e le sue qualità. Proverà a sorprendere gli avversari, a partire da Chris Froome e Fabio Aru reduci dalla Grande Boucle, seguirà il suo instinto e metterà a frutto il tanto lavoro svolto con il suo allenatore di sempre Paolo Slongo, head of performance della Bah­rain Merida, che ci racconta come Ni­bali e compagni si sono preparati per l’ultimo grande giro in calendario della stagione.

Archiviato il Giro d’Italia, Vincenzo cosa ha fatto?
«Si è riposato andando una settimana al mare con la famiglia. Dopo lo stacco, ha ripreso a pedalare senza svolgere lavori specifici, ha effettuato uscite di due ore-due ore e mezza. In questa fase di scarico è stato bravo a gestire l’alimentazione, tanto che ha mantenuto quasi il peso con cui si è presentato alla corsa rosa. La settimana prima del Campionato Italiano ha fatto solo un allenamento di 4 ore e mezza, per questo la sua prestazione ci ha stupito po­si­tivamente: senza essersi al­lenato mol­to è rimasto con Aru fin quasi in cima all’ultima salita. Dopo l’Italiano abbiamo iniziato a lavorare di più, in modo graduale. Siamo stati in ritiro al Passo San Pellegrino dall’8 al 22 luglio presso il Rifugio Flora Al­pi­na, che già ci ospitava ai tempi della Liquigas».

La giornata tipo in ritiro?
«Sveglia, colazione, bici, massaggi era­no la nostra ruotine insieme ai lavori di stretching, mobilità e core stability che i ragazzi hanno svolto con Marino Ro­sti. Nelle due settimane in altura non abbiamo svolto uscite lunghissime, al massimo siamo arrivati a 5 ore-5 ore e mezza. Ci siamo concentrati sulla qualità. Il programma di massima era: 4 ore su strada il primo giorno, 3 ore con la bici da crono dietro moto il secondo, per finire con 5 ore il terzo. Dopo una giornata di riposo, si ripartiva da capo. Tutto è andato per il meglio, l’unica giornata “diversa” è stata quando è mancata la moglie di Carlo Franceschi, Bru­na Bettarini, che per Vincenzo è sta­ta come una seconda mamma dai tempi della Mastromarco. Vincenzo è sceso in Toscana in giornata, la sera era già di nuovo in ritiro per rimettersi al lavoro».

Che lavori specifici avete svolto?
«Abbiamo lavorato soprattutto sul fon­do medio, con tanto dietro moto. Io davanti mantenevo un buon passo e i 7 atleti in ritiro mi stavano dietro ruotando le posizioni con le bici da crono. Al San Pellegrino c’era Vincenzo con il fratello minore Antonio, Giovanni Vi­sconti, il giovane spagnolo Ivan Cor­ti­na, il promettente sloveno Domen No­vak, Franco Pellizotti e Manuele Boa­ro. Con questo tipo di allenamento, quando sei il primo dietro la moto hai tempo di recuperare, mentre quando sei l’ultimo della fila fatichi non poco. Ci siamo dedicati anche alle volate con partenze da fermo e a sprint su uno strappo duro arrivandoci lanciati dal dietro moto. Abbiamo utilizzato una sa­lita su cui avevo già lavorato gli anni scorsi con Sagan e Viviani. In più ci siamo concentrati in modo particolare sulla forza resistenza e Vincenzo ha af­frontato tante salite dietro moto. Ab­biamo curato la telemetria con la moto, pedalando sui suoi valori, e abbiamo dedicato un giorno ai classici test fisici».

Da qualche foto sui social ho visto che si è sottoposto a pressoterapia: ci spieghi di che si tratta?
«Nel pomeriggio, dopo l’allenamento e prima di andare sotto le mani esperte del massaggiatore Michele Pallini, Vin­cenzo concedeva alle sue gambe un po’ di relax con questa terapia drenante, che dopo uno sforzo prolungato facilita un po’ il recupero, aiuta infatti lo smaltimento della ritenzione di liquidi».

Il Tour of Pologne sarà la sua ultima corsa prima della Vuelta?
«Esatto, sarà un test importante, anche perché sarà una delle edizioni più dure della storia del Polonia. Presenta un percorso ondulato, con qualche salita interessante su cui potremo misurarci, confrontandoci con Majka e altri che rappresenteranno un buon riferimento in chiave Vuelta. Tornati dalla Polonia non andremo più in altura, ma avremo qualche giorno ancora prima della partenza per la Spagna per finalizzare il la­voro, concentrandoci su qualche di­stretto specifico. In base a come andrà, vedremo se dedicarci in modo specifico ai cambi di ritmo o a qualche altro aspetto che avremo verificato essere da rafforzare».

Che indicazioni vi ha dato il Tour?
«I valori in salita non sono stati eclatanti, a quanto mi risulta in linea con il Giro, se non inferiori. Azzarderei che quest’anno la corsa rosa è stata quasi più di livello della Grande Boucle. Quin­tana è stato la prova che questo non era l’anno giusto per provare la doppietta Giro-Tour, la corsa rosa è stata tirata fin da subito, gli sforzi che ha accumulato in Italia li ha sentiti nel­le gambe in Francia. Dal canto nostro speriamo che chi ha corso il Tour ne risenta alla Vuelta, noi di certo ci arriviamo più riposati e nella terza settimana pensiamo di poter avere quel qualcosa in più che farà la differenza».

La doppietta Giro-Tour è impresa impossibile?
«Per corridori di un certo calibro se­condo me no, ma prima di tentarla bi­sogna studiare bene i percorsi, soprattutto del Giro che viene prima. Se come tante volte è già successo, la par­te dura è concentrata soprattutto nell’ultima settimana, raggiungendo il massimo della condizione nel finale, si può spostare la forbice di forma verso il Tour. Quest’anno bisognava partire già al cento per cento visto che nei pri­mi giorni erano in programma l’Etna e altre salite dure. L’anno scorso il tracciato della corsa rosa era ideale per poterci fare un pensierino ma di mez­zo c’erano i Giochi Olimpici che in questo senso rovinavano i piani. Quest’inverno vedremo le tappe di entrambe le corse quando saranno presentate e decideremo anche noi il da farsi».

In Spagna quali saranno i rivali più te­mibili?
«Froome e Aru sono due nomi importanti, il britannico negli ultimi anni ci ha abituato a due grandi prestazioni e l’anno scorso alla Vuelta è andato davvero forte. Aggiungerei tra gli uomini da tenere d’occhio Majka, che aveva preparato il Tour, ma è stato costretto al ritiro da una caduta che però non gli ha comportato fratture e quindi non sarà stato troppo fermo. Me lo aspetto in forma e più riposato degli altri due big al via, ma nel lotto dei favoriti per le pri­me posizioni della generale metterei anche Steven Kruijswijk e qualche altro outsider».

Le tappe chiave?
«Nelle grandi corse a tappe ogni giorno è cruciale e negli ultimi anni abbiamo visto che il tutto si gioca in una man­ciata di secondi. Vincenzo quest’anno è arrivato a 44” dalla maglia rosa, al Tour i distacchi tra i migliori sono stati altrettanto ridotti. Già il terzo giorno ci aspetta una tappa insidiosa ad Andorra, bisognerà dimostrarsi subito reattivi. La Vuelta di quest’anno presenta tanti arrivi in salita. La cronosquadre iniziale, per fortuna per noi, è di soli 14 chilometri: ci mancheranno uomini importanti come Siutsou, Izaguirre e Navardauskas, forti nelle prove contro il tempo. Abbiamo subìto tanti infortuni, schiereremo comunque un gruppo esperto con Pellizotti e Boaro. Nella sfortuna, avremo l’occasione di far fare un’esperienza importante a due giovani come Cortina e No­vak che nelle tre settimane cresceranno di sicuro. In aggiunta ai ragazzi che erano in ritiro, in Spagna potremo contare su Valerio Agnoli e un altro atleta, probabilmente Javier Moreno (nel mo­mento in cui scriviamo la squadra non ha ancora ufficializzato il roster per la Vuelta, ndr)».

Avete già delineato come sarà il finale di stagione di Nibali?
«Correndo la Vuelta dopo aver disputato prima solo il Giro, comunque vada uscirà bene da tre settimane di fatiche. Intrapren­deremo un percorso in chiave Lombardia per arrivarci in buona condizione. Affronteremo il calendario ita­liano, non abbiamo in programma cor­se all’estero. Vincenzo non ha mai na­scosto che, se il CT Cassani vorrà, correrà volentieri anche il Campionato del Mondo. È disponibile sia a svolgere un ruolo d’appoggio al capitano designato che sarà ritenuto più adatto e pericoloso sul percorso di Bergen, sia a provare una fuga da lontano. In Norvegia a settembre probabilmente ci saranno pioggia e freddo (Bergen è la città più piovosa di Norvegia, ndr), se si prova da lontano non si sa come può andare a finire. Un attaccante come lui può tornare molto utile alla causa azzurra».

Giulia De Maio, da tuttoBICI di agosto
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