Beppe Saronni: «Il ciclismo italiano? Purtroppo è finito»

PROFESSIONISTI | 03/04/2013 | 10:52
La sua carriera agonistica resterà eterna per quella che venne   chiamata “la fucilata di Goodwood”, lo scatto fulmineo nelle campagne  del Sussex che gli valse la maglia iridata professionisti su strada   in linea del 1982. Sceso di bicicletta dopo la una carriera di   notevole spessore, Beppe Saronni da Parabiago è diventato team   manager dal 1991, da sempre legato alla famiglia Galbusera che è  titolare dell’azienda Lampre. Nella settimana tra Fiandre e Roubaix,   pur avendo un corridore come Pippo Pozzato che promette di essere un  protagonista assoluto sul pavé di domenica prossima, Saronni s’è  lasciato andare a un... urlo di dolore, nel tentativo di salvare il ciclismo italiano.

Signor Saronni, il ciclismo resta uno spettacolo ineguagliabile, ma  noi italiani facciamo sempre più fatica a emergere sia come singoli che (soprattutto) come team a livello d’eccellenza. Concorda?

«Sì, purtroppo. E’ finita!».

Cosa significa “è finita?”
«E’ finita per il ciclismo italiano».

Abbiamo capito bene? Il ciclismo italiano non ha futuro?
«Ha capito bene, di questo passo non ci sarà più niente da fare».

Perché le sembra tutto così irrimediabile?
«Se l’Europa sta male, noi stiamo peggio. Non ci sono più risorse interne. E senza soldi, si chiude».

Nel World Tour restano due squadre italiane, la sua Lampre e la  Cannondale...
«Per quel che riguarda noi, la famiglia Galbusera è quasi eroica nel profondere una passione straordinaria, ma ormai il 60% del capitale è straniero, ossia coreano, grazie a Merida, Champion System e Samsung.  E anche la Cannondale mi risulta che abbia sempre più una connotazione americana».

Lei dice che il ciclismo italiano muore, mentre a livello federale si stanno facendo molti sforzi per ristrutturare l’intero movimento.  Qual è la verità?
«Dalle mie parti si dice che i soldi tirano soldi e le balle tirano balle. Senza risorse si parla e basta».

E allora che cosa si può fare?
«Ma ci rendiamo conto di come funziona l’Italia? C’è qualcuno che vuole capire quali tremende difficoltà debba affrontare un’impresa nel nostro Paese?».

Ma all’estero come fanno?
«Il ciclismo è tenuto in piedi da pool di aziende nazionali, oppure da soldi versati direttamente dallo Stato o ancora da sovvenzioni governative sulla base di 20-25 milioni di euro a stagione. Funziona così in Russia, in Kazakhstan o in Australia».

Quindi per noi nessun futuro, visto che in Italia invece di darteli i  soldi te li prelevano con tasse eccessive...
«E in più nessuno ti dice grazie se per caso cerchi di tenere sù il  giocatotolo facendo gli straordinari. Anzi, visto che hai una squadra, ti uccidono o fanno di tutto per farti chiudere! La fine è  dietro l’angolo, lo ripeto senza paura di smentite».

Perché questo sfogo adesso?
«Adesso? Sono cinque anni che vado urlando queste cose, ma nessuno ha mai accettato di divulgare i miei contenuti. Evidentemente si cerca  di far finta di niente per non creare allarmismi».

Per fortuna abbiamo qualche corridore giovane che promette bene: Moser, il suo Ulissi...
«E’ il famoso miracolo italiano, il frutto di una passione infinita della nostra gente, la stessa che per amore continua ad aspettarci sulle strade per applaudirci. Ma anche le categorie minori sono in agonia, una società su due chiude, e sarà sempre più difficile veder sbocciare dei futuri campioncini».

Perché lei è ancora nell’ambiente?
«Proprio per quella passione che le accennavo poc’anzi. E poi perché la Lampre è un gruppo di persone che si vogliono bene e che lavorano in sintonia. Chiudere tutto dall’oggi al domani significherebbe lasciare per strada una settantina di persone e gettare nel panico altrettante famiglie. E allora si fanno sacrifici e si vanno a  
chiedere soldi in quei Paesi dove ancora c’è disponibilità. Ma se non  cambiano le strutture, in questo Paese, il ciclismo morirà presto. Perché il nostro è il grande specchio dell’Italia intera!».

da «Tuttosport» del 3 aprile 2013 a firma Paolo Viberti
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COMMENTI
Analisi corretta
3 aprile 2013 11:20 cesco381
..fatta da Saronni, ha perfettamente ragione quando dice i soldi tirano i soldi e le XXXXXXXX tirano le XXXXXXXX! D\'altronde la nostra federazione
,o più precisamente il presidente non ha fatto Mai nulla per le squadre worldwide tour o continental o professional, non gli è mai interessato nulla a nessun livello. Sopravvivono per auto vestirsi quelli della federazione. Non ci sono parole. Comunque è pur vero che nei tempi,molto lontani,delle vacche grasse nessuno,compreso Saronni,hanno investito sul futuro, ma hanno pensato solo a se stessi e non al movimento, a differenza di come hanno investito le nazioni emergenti di oggi. Chi non pensa in ultimo sospira.

3 aprile 2013 11:43 foxmulder
Gestendo anch'io un'azienda, dal punto di vista micro e macroeconomico e del "sistema Paese", non posso che dare ragione a Saronni. Se però la "giriamo" dal punto di vista sportivo, credo che parte della colpa per la "morte" del nostro ciclismo sia dovuta ad atteggiamenti ondivaghi come quelli che si sono potuti vedere in questi anni di gestione della Lampre, imputabili a mio avviso proprio all'ineffabile Saronni che ha fatto tutto e il suo contrario, anche dal punto di vista della gestione molto "casereccia" degli atleti e della loro preparazione.

Il ciclismo italiano? Raccoglie quello che può...
3 aprile 2013 12:47 Bartoli64
Vorrei riagganciarmi al post di Foxmulder (che pure stimo come blogger) dicendo che non sono completamente d’accordo con quanto da lui affermato.

L’analisi (economica) fatta da Beppe Saronni sull’attuale momento attraversato dal ciclismo italiano non fa una grinza.

Dopo anni in cui lo Stato agevolava le imprese che sponsorizzavano lo sport, anche lì si è abbattuta la mannaia del Fisco; e se pochissimi sono ancora quelli che in Italia decidono di investire capitali ingenti nel ciclismo lo si deve anche a queste congiunture fiscali.

Non credo, poi, che Saronni abbia affidato i suoi corridori ad una preparazione “casereccia”.

Quando ingaggiò Damiani, ad esempio, quello stesso D.S. era indicato come uno dei più brillanti dell’intero movimento e mi riesce difficile credere che sia divenuto un “incompetente” in così poco tempo.

Stesso discorso per il centro che sta ora assistendo i corridori Lampre (gestito da Michele Bartoli), anche se c’è da dire che non tutti i corridori del team si avvalgono delle prestazioni fornite da quello stesso centro.

Ovviamente possiamo disquisire sul fatto che nel ciclismo italiano, per troppi anni, più che di ricerca sulle preparazioni ci si è gettati anima e cuore nella “farmacia proibita”, ed ora che i controlli sembrano essere ben più serrati rispetto al passato paghiamo con gli interessi il gap; anche se da noi – stranamente - nessuno fa “outing” sugli anni del doping più selvaggio (e dove eravamo i padroni assoluti).

Oggigiorno - volenti o nolenti - è il ciclismo anglofono a dominare la scena, e noi non possiamo che prenderne atto… e rincorrere (soprattutto dal punto di vista tecnico).

In quel ciclismo pare che qualcuno abbia addirittura mutuato dal nuoto (!?) sistemi d’allenamento che stanno però risultando decisamente vincenti.

Personalmente ho qualche dubbio al riguardo… ma me lo tengo per me.
Intanto il ciclismo italiano raccoglie quello che può…

Bartoli64

Bastano poche parole....
3 aprile 2013 14:04 magico47
Ci vuole poco per capire che Beppe dice un estrema verità...chi sogna...continui a sognare,...forse Saronni ha omesso di fare un po' di nomi, di media sopratutto,i quali hanno spudoratamente reso poco visibile questo grande Sport a tutti i livelli.
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Loriano Gragnoli

Mah
3 aprile 2013 15:22 Ruggero
Proviamo a cacciare tutti quei corridori sporchi all'inverosimile che invece continuano a trovare ingaggi,gli ex corridori sporchi che gestiscono le squadre, insomma diamoci una bella ripulita e magari qualche "piccolo" sponsor si riavvicina, invece a fronte di una valanga di corridori onesti che restano senza squadra continuiamo a far correre corridori marci nell'anima.

3 aprile 2013 15:26 foxmulder
Caro Bartoli64, nel contraccambiare la stima, vorrei solo farti notare che, a mio parere, in questo passaggio, non fai che darmi ragione:

"Stesso discorso per il centro che sta ora assistendo i corridori Lampre (gestito da Michele Bartoli), anche se c’è da dire che non tutti i corridori del team si avvalgono delle prestazioni fornite da quello stesso centro."

Tutte le squadre di maggior rilievo, penso a Sky, Garmin e BMC in testa, hanno centralizzato numerose funzioni ed hanno inserito all'interno dei loro staff, oltre ai medici, anche preparatori, psicologi, dietologi ecc. In una interessante intervista rilasciata ad una rivista tecnica da Bjarne Riis (che pure non stimo né come uomo né, tantomeno, come atleta, ma che dal punto di vista del management applicato al ciclismo professionistico è tra i pochi ad aver capito qualcosa), egli diceva che il modo per tener lontani i giovani dal fenomeno del doping era quello di fornire all'interno della squadra una risposta a tutte le esigenze che un corridore possa avere. Siano esse dubbi relativi alla preparazione, alla dieta, o un semplice supporto psicologico all'uomo. Vero è che i budget delle squarde menzionate sono multimilionari, ma apprendo che anche la "poverissima" Androni di Savio sta, con mezzi modesti, andando in questa direzione.
Credo che, fatte tutte le tare rispetto al fatto che questo tipo di approccio nasconda o meno ricorsi a farmacopea illecita o trucchi di qualsivoglia natura, il danese abbia centrato il problema e che questo tipo di visione a 360 gradi possa allontanare stregoni e scorciatoie (a meno che non si dimostri che non si tratti di in realtà di un allevamento "in seno" delle serpi, ma la mia speranza sarebbe proprio il contrario). Pur con tutto il rispetto che si deve ad un grande campione, non vedo nulla di più distante da questo approccio della politica applicata dal manager Saronni negli ultimi anni alla Lampre.

Un saluto.

Ribatto al Fox (ed a Ruggero)
3 aprile 2013 16:18 Bartoli64
Caro Foxmulder,
debbo ancora non concordare con te a riguardo di quel mio passaggio nel quale citavo il centro gestito da Michele Bartoli.

In quello stesso centro, infatti, non è che operi solo gente che ti fa un test di Conconi o un test sul lattato, bensì ci lavorano anche dietologi e biomeccanici.

Alcuni corridori della Lampre, però, hanno scelto di allenarsi con i propri metodi di lavoro e con proprie tabelle dall’allenamento, e non credo che Saronni possa obbligarli a fare il contrario, mentre i risultati di queste scelte li conteremo per bene a fine stagione.

Quanto al tuo pensiero su Riis condivido in pieno, anche se il problema è sempre lì: SOLDI!

Saronni (e le squadre italiane in genere) ce li hanno un tot di milioni di euro per ingaggiare tutte quelle figure professionali a cui accennavi tu? Forse proprio no.

In ogni caso, visto che si è accennato a quanto sta facendo in merito la Androni Giocattoli (con buonissimi risultati direi), l’avvalersi dell’opera di un ottimo biomeccanico, come di un valente nutrizionista, non è un impegno che richieda chissà quali investimenti.

Ti dico questo perché ci sono già più squadre di Under23 che lo fanno (ed anche loro con ottimi risultati).

Forse il problema andrebbe allargato su più prospettive che vanno dagli anni bui della “farmacia proibita”, al ricambio generazionale che è ancora in atto, sino alla mentalità (ottusa) di molti dirigenti e di molti DD.SS. i quali, dopo decenni di vittorie su tutti i fronti, pensavano di essere divenuti degli Dei in terra immutabili ed intoccabili.

Così noi abbiamo continuato a cercare il modo per eludere i controlli anti-doping, mentre gli altri hanno studiato altre metodologie ed altre strategie per elevare al massimo le prestazioni della macchina umana (e lo hanno fatto con fior di investimenti su proiezioni decennali).

Vorrei poi salutare l’amico Ruggero (altro blogger che stimo), dicendogli che la sua proposta è anche suggestiva ma decisamente poco percorribile.

Se si facesse come proponi tu, a correre o a fare il D.S., rimaniamo io, te e pochi altri intimi. Deve passare la nottata…

Un saluto a tutti voi.

Bartoli64

Concordo in parte
3 aprile 2013 18:56 Per89
Che il ciclismo è in un periodo di crisi è da un anno che lo scrivo, sopratutto nelle categorie inferiori che mi stanno più a cuore... Succede che tra gli junior molte squadre chiudono, tra gli under molte squadre si fondono per tirare a campare, gli organizzatori non organizzano e altri si fanno belli con i soldi degli altri, vedi GiroBio però credo che se le squadre pagheranno le spese alberghiere per il Giro dovranno pagarsele anche per le altre gare a tappe.....Però bisogna anche dire che Saronni non è forse la persona più adatta a fare queste dichiarazioni, visto la gestione Lampre, ma sopratutto il trattamento rivolto a Scarponi e a Damiani,se questa analisi fosse stata fatta da Amadio non c'era nulla da obbiettare.... Condivido i contenuti....

copia e incolla?
4 aprile 2013 01:37 zemmel
poco tempo fà sono state le stesse parole di squinzi: siamo alla fine

soldi e politica
4 aprile 2013 04:31 lupin3
Saronni ha solo ragione, un'amara ragione. D'altronde col paese sta crollando anche il ciclismo...chissà che non sia la volta buona per ripartire da zero, finalmente, in tutti i settori.

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