GERRY RYAN. «IL MIO CICLISMO, LE MIE PASSIONI, LA MIA ALULA, LA MIA VOGLIA DI VINCERE»

INTERVISTA | 02/02/2024 | 08:20
di Francesca Cazzaniga

Un villaggio d'accoglienza allestito sul limitare del deserto: è qui che incontriamo Gerry Ryan, il proprietario del Team Jayco AlUla. Oggi, Gerry Ryan è uno degli uomini più ricchi d’Australia: la sua avventura imprenditorale è cominciata con un prestito da 10mila dollari nel 1975, con quei soldi ha portato nella sua terra i camper e le roulotte Jayco e ha fatto fortuna. Ha fondato Jayco Australia, azienda di cui oggi non è più ceo ma della quale è rimasto presidente e proprietario.


Negli anni poi Ryan ha riscoperto altri interessi, quello del vino ad esempio, rilevando insieme al figlio le cantine Mitchelton e trasformandole, oltre che in rinomato produttore, in hotel di lusso. L'intrattenimento e il turismo sono alla base dei suoi affari: Ryan è il proprietario, tra l'altro, della compagnia Global Creatures di Melbourne, conosciuta soprattutto per il suo Musical Moulin Rouge.


Grande amante dello sport, Ryan negli anni ha sponsorizzato il basket, il calcio e il football australiano. Grande sostenitore del ciclismo, il patron della Jayco AlUla conosce le storie degli atleti e sa bene quanti sacrifici e rinunce ci sono dietro alla vita di uno sportivo. Amante anche dei cavalli purosangue (con i cavalli della sua scuderia ha vinto la Melbourne Cup ndr), Ryan si è avvicinato al mondo del ciclismo nel 1992 con Kathy Watts e la sua partecipazione alle Olimpiadi di Barcellona. Il resto è storia, con una sola filosofia che poi è il comun denominatore della squadra guidata dal manager sudafricano Brent Copeland: “Prima la persona, poi l’atleta”. Ed è forse proprio questo il successo del team australiano che ovunque tu sia, anche a migliaia di km di distanza da casa, ti fa sentire sempre come a casa.

L’ambizione non le è mai mancata, come è nata la sua attività imprenditoriale?
«E’ iniziato tutto 49 anni fa, quando lavoravo per un’azienda di produzione di camper. A 22 anni ho poi avuto la possibilità di andare in America e di imparare il mestiere studiando i metodi di produzione: una volta tornato, ho fatto delle proposte, ma la mia azienda non voleva cambiare, preferiva rimanere ancorata ai propri metodi. In quel momento ho capito che avrei dovuto avviare una mia attività personale».

Con il corso degli anni ha maturato diversi interessi, uno di questi il vino, rilevando insieme a suo figlio le cantine Mitchelton…
«Ho avuto la possibilità di visitare l’Italia, in particolare la Toscana, e la Napa Valley in California ed tutto è cominciato per pura passione. Ho sempre avuto il desiderio avere una cantina; avevamo una fattoria lungo la strada e poi ci siamo trovati a rilevare una proprietà per poi trasformarla in un hotel».

Qual è il vino che più preferisce?
«Mi piace sia il vino rosso che il bianco, ma non disprezzo un rosè o uno chardonnay».

Come e quando si è avvicinato al ciclismo?
«Sono entrato nel ciclismo nel 1992 con Kathy Watt che era una delle nostre giovani che stava per diventare una campionessa del ciclismo su strada e poco dopo alle Olimpiadi di Barcellona ’92 è riuscita a vincere la prima medaglia d’oro per l’Australia in questo sport».

Cosa significa essere il proprietario di una squadra World Tour?
«Responsabilità, è lavoro. Quando hai qualcosa di tuo, non importa di cosa si tratti, se vino o camper o altro, sei responsabile di tutti coloro che lavorano con te e per te e del loro successo».

Com’è cambiato il ciclismo in questi anni?
«E’ cambiato tantissimo. Oggi sicuramente c’è molta più professionalità, i budget sono maggiori ma le persone, quelle non cambiano. Se hai buone persone intorno a te, quelle giuste, il successo prima o poi arriva. La scienza dello sport si è evoluta così come la tecnologia e noi dobbiamo rimanere al passo con i tempi, non possiamo rimanere indietro in un ciclismo che corre alla velocità della luce».

Le persone e la cultura sono al centro dei suoi progetti. Il suo rapporto con lo sport è una questione di passione o lavoro?
«Entrambi. Sono anche coinvolto in altri sport come ad esempio il basket e la filosofia rimane sempre la stessa. Quando lavori nel mondo dello sport e hai dei collaboratori, prima guardi il carattere e solo in un secondo momento le abilità. Un carattere non lo puoi cambiare, mentre le abilità si possono sviluppare e affinare».

Lo sport è una sua grande passione. Dai cavalli al basket, passando anche per il calcio, il rugby e il football australiano oltre chiaramente al ciclismo. Qual è l’aspetto più affascinante dello sport delle due ruote?
«Le persone. Il ciclismo è una grande comunità: anche quando si compete con team differenti, le relazioni restano le stesse. Il rapporto di amicizia rimane anche quando qualche corridore o membro dello staff cambia squadra maglia. Un esempio è Michael Matthews che aveva cambiato squadra e ora è tornato da noi, di nuovo come prima, in famiglia».

Cosa accomuna invece tutti questi sport?
«Le persone, le vittorie».

Come Jayco avete sia una formazione maschile che femminile. Si equivalgono nei suoi pensieri?
«Assolutamente sì. Abbiamo investito nel movimento femminile già nel 2012, volevo essere tra i primi a mettere in atto questo cambiamento. Sono sempre stato un grande sostenitore dello sport femminile e spero che possa continuare a crescere ed evolversi come sta facendo in questi ultimi anni».

Tutte le decisioni che ha preso nel ciclismo si sono poi rivelate sempre quelle corrette?
«No, peró bisogna continuare a guardare avanti senza mai voltarsi indietro».

AlUla è dalla scorsa stagione name sponsor del suo Team. Cosa significa per lei essere qui all’AlUla Tour?
«E’ per me molto speciale. E’ un posto bellissimo e non vedo l’ora di portare qui la mia famiglia, i miei figli e i miei nipoti per far vivere anche a loro questa magica esperienza. Per la squadra vorrei che fosse un grande successo, che i nostri ragazzi facciano una buona performance per tutti gli sponsor che ci hanno sostenuto e ci sostengono ancora oggi».

Ha mai pensato di lasciare?
«No, non ho in mente un traguardo di fine carriera. Vorrei continuare a godermela finché potrò e sarò in salute».

In cosa trova la motivazione?
«Ciò che mi motiva è un modo di dire: “Questa non è una prova d’abito, il domani non è garantito a nessuno quindi goditi quello che fai oggi”, ecco questo è il mio motto».

Quali sono oggi le ambizioni e sogni di Gerry Ryan?
«Di continuare a migliorare quello che già facciamo oggi. Un grande sogno è quello di vincere il Giro d’Italia, così come il Tour de France, ma quello che più mi sta a cuore è la crescita personale di coloro che lavorano con me».

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