MAPEI SPORT, L'EREDITÀ DI ALDO SASSI

STORIA | 21/05/2018 | 07:17

Nel corso dell'8° Convegno del Centro Ricerche Mapei Sport “Allenamento e performance: una visione internazionale” che si terrà sabato prossimo 26 maggio al Centro Congressi Malpensa Fiere di Busto Arsizio (Va) che radunerà preparatori, medici e atleti attivi nel mondo dello sport di alto livello, verrà presentato il 7° bando di ricerca Aldo Sassi, bandito da Mapei Spa in collaborazione con la Camera di Commercio di Varese. L'eredità del professore che ha guidato il centro di Olgiate Olona dal 1996 al 2010 e ha lavorato con grandi campioni del ciclismo, a 8 anni dalla sua scomparsa è ancora vivissima come dimostra la carriera che stanno disegnando i “suoi” ragazzi in giro per il mondo.


A cominciare da Luca Guercilena, direttore generale di Trek Segafredo, che dopo essere cresciuto sotto la sua ala ora si occupa della gestione del team World Tour americano nella sua totalità. «Aldo é stato il mio punto di riferimento per tutto quello che riguarda la preparazione atletica, nonché per gli insegnamenti relativi alla gestione delle persone. Quando da giovane tecnico scalpitavo per poter essere messo in prima squadra, mi disse di non bruciare le tappe perché avendo le giuste qualità sarei emerso comunque. Mai miglior consiglio mi é stato dato, fu lui poi a promuovermi a ds/allenatore del gruppo giovani come passaggio automatico del lavoro fatto» ricorda.


Franco Impellizzeri, dopo dieci anni al Centro Mapei Sport e altrettanti presso il dipartimento ricerche della Schulthess Clinic a Zurigo (Svizzera) come responsabile di una unità di ricerca (clinical outcome) e collaboratore della facoltà di Scienze Motorie dell’Università di Verona, da maggio di quest’anno è Professore in Sport & Exercise Science and Medicine alla University of Technology Sydney, Australia. Si è specializzato nella ricerca clinica ortopedica e ora sta ritornando alle origini visto che il suo campo di interesse è la ricerca nelle scienze dello sport ed esercizio. Nel frattempo ha anche fatto il preparatore atletico della Nazionale di Scherma Svizzera fino alle Olimpiadi di Rio de Janeiro e pubblicato articoli per riviste scientifiche in ambito sport science and physiology. «Sono ormai noto per la mia frase “come diceva il mio capo” talmente tante sono le cose che uso e dico pensando a lui ed ai suoi insegnamenti - ci racconta dall'altro capo del mondo Impellizeri. - Aldo mi ha insegnato a lavorare fuori dagli schemi ma rimanendo razionale e seguendo una logica. In tempi in cui le facoltà di scienze motorie non esistevano mi ha fatto conoscere il mondo della ricerca che poi è diventato il mio mondo. Ma Aldo mi ha dato, più di chiunque altro, l’opportunità di imparare. Quindi quello che penso di aver preso maggiormente da lui non è tanto a livello professionale ma personale: ho imparato a riconoscere e cogliere le opportunità anche rischiando, tanto».

Dall'altra parte del mondo il dottor Sassi è ormai famoso, anche grazie a Paolo Menaspà, un altro dei “suoi” emigrato nella terra dei canguri. Ex ciclista, al momento lavora per la Edith Cowan University di Perth, in Australia. Grazie ad un accordo tra l'università e GreenEDGE, oltre all'attività accademica può dedicare parte del suo tempo al ciclismo vero e proprio. Nello specifico, è Performance Manager ossia  Responsabile delle prestazioni e allenatore di 3 squadre: la Mitchelton-Scott maschile e femminile e la Continental Mitchelton-BikeExchange. «Il Professor Sassi mi ha trasmesso il suo punto di vista sull'allenamento e mi ha insegnato il suo metodo. Ancora oggi i miei programmi sono in parte influenzati dai suoi insegnamenti. Ad essere onesto, però, lavorando con lui penso di aver imparato qualcosa in più oltre a quello che mi ha insegnato. E non mi riferisco solo a questioni professionali. Per spiegarmi meglio prendo in prestito le parole di Dave Martin, ex-fisiologo dell'Istituto Australiano dello Sport. Dave racconta come, in un mondo dove tanti vestono in tuta o pantaloni corti e a volte i risultati dei test vengono comunicati a bordo strada, il Professore accoglieva gli atleti in giacca, nel suo grande ufficio e dedicava quasi più tempo alla spiegazione dei risultati che al test stesso. Dal punto di vista degli australiani, il Professore era un uomo di gran classe e stile tutto italiano. Effettivamente, e questa invece è un'esperienza mia, ricordo bene quando il Prof Sassi mi rivelò (come fosse un piccolo segreto) che bisognerebbe tenere sempre una giacca in macchina, in modo che ovunque si vada ci si possa sempre presentare con un tocco di eleganza. Questo aneddoto mi ricorda una citazione del Professore che secondo me ne descrive molto bene la sua filosofia: "Il segno migliore di un buon allenatore è che sappia scegliere bene i suoi atleti. Non cerco mai ciclisti, devono essere loro a trovarmi. Altrimenti significa che non c'è motivazione, e senza motivazione è solo una perdita di tempo per me e per loro"».

Deve molto ad Aldo Sassi anche Marcello Iaia,  preparatore atletico all’Inter, che in precedenza ha lavorato con Manchester United e AS Roma. «Aldo era innanzitutto una persona molto onesta e corretta; rigoroso, preciso e puntuale sul lavoro, tutti valori che ha sempre cercato di trasmettere. Ricordo vivamente i giorni trascorsi a stretto contatto durante il progetto che abbiamo svolto sui maratoneti kenyani, una delle esperienze sportive più intense che io abbia mai vissuto» racconta Iaia.

Con affetto infine lo ricorda Andrea Morelli, il primo dei suoi “figli” e l'unico rimasto alla base. Andrea oggi è responsabile del settore ciclismo al centro Ricerche Mapei Sport. Ha conosciuto il professor Sassi nel 1995, quando aveva 22 anni e ancora gli mancava un esame (psicologia) per completare gli studi Isef. «Lavoravo in un centro fitness a Cadorago, in palestra avevo iniziato a seguire un ragazzo, per passione gli avevo fatto qualche test con il lattato, gli davo qualche consiglio  per la preparazione con i pesi e in bici. Un giorno mi ha proposto di andare a Rovigo a sentire Aldo Sassi. Io non sapevo neanche chi fosse. Era un convegno dedicato alla preparazione in mtb, da qualche parte ho ancora le cassettine registrate del suo intervento. Gli feci un paio di domande tecniche sui lavori in soglia, alla fine lo salutammo e finì lì. Se non che, dopo una settimana, è squillato il telefono di casa. Rispose mia mamma, era lui. Non so come avesse recuperato il mio numero. Mi disse che stavano per aprire un centro a Castellanza e mi chiese se fossi interessato. Il giorno dopo ero già lì (sorride, ndr). Il centro non era ancora pronto, i primi tempi ci siamo appoggiati a un centro fisioterapico di Busto Arsizio del dottor Besnati, avevamo le macchine essenziali e le strumentazioni pronte da installare non appena i lavori fossero stati completati. Un anno dopo Musseuw avrebbe vinto il mondiale e io mi sarei laurato con una tesi, scritta con Aldo, sulle simmestrie di spinta nella pedalata dei professionisti».

Nonostante le varie proposte ricevute, Andrea a differenza degli altri non ha mai lasciato quel centro che ha visto nascere. Al fianco di Ermanno Rampinini e sotto la supervisione del dottor Claudio Pecci continua una missione iniziata oltre 20 anni fa. «Sono attaccato a Mapei, al dottor Squinzi, ho vissuto tanti anni con la squadra, la passione è cresciuta tra queste mura, che custodiscono un'isola felice in cui posso continuare a imparare e lavorare con atleti di alto livello. Aldo nelle trasferte in Belgio, tra un test e l'altro, mi ha insegnato la teoria e metodologia dell'allenamento. Ho ancora gli appunti che ho raccolto agli inizi, quando seguivo solo i giovani under 23, in cui mi spiegava come organizare la settimana e bilanciare i carichi di lavoro. Man mano mi ha dato spazio, mi mandava da solo in ritiro, lui stilava il programma e io lo facevo eseguire agli atleti. Aldo ha dato a tutti la possibilità di proporre idee, di sbagliare per imparare. Insieme abbiamo sviluppato tanti progetti, sia futuristici che pratici. Penso al software che ci eravamo inventati per rendere i programmi di allenamento automatici, un excell con mille variabili, e al giorno che alla fiera del ciclo vedemmo la prima bici elettrica e ci immaginammo di poterla usare per simulare gli allenamenti dietro motore. Era un grande appassionato di musica, suonava la chitarra in un gruppo e amava Gaber. Ricordo quando in ritiro un inverno a Sierra Nevada con tutta la squadra per festeggiare il compleanno di Noè aveva allestito un bel concertino con Figueras».

Per chiudere un dolce ricordo, che dimostra come Aldo Sassi abbia lasciato una impronta importante nella vita non solo di questi ragazzi ma anche di atleti di fama mondiale. «Nel 2011 andai in Francia, al Tour de France, per seguire la crono del penultimo giorno di Evans. Cadel quel giorno prese la maglia gialla. Dopo la premiazione e le interviste mi abbracciò dicendomi: “Ce l'abbiamo fatta, per Aldo”».

Quella maglia gialla incorniciata e con questa dedica speciale risplende tutt'oggi negli uffici di Olgiate Olona. Dove si lavora, ogni giorno, con passione e dedizione. Nella scia tracciata da Aldo.

Giulia De Maio
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