L'ABC DI COSTA | 16/05/2018 | 18:25
di Angelo Costa -
D come domandone. Nel senso di dubbio, chiarimento, richiesta. Un opinionista tv che preferisce l’anonimato, sentendo raccontare che molti ciclisti al termine della tappa si alimentano con una porzione abbondante di riso bollito, si è chiesto: ‘Chaves, noto a tutti per il suo abituale sorriso, a Gualdo Tadino è arrivato con oltre 25 minuti di ritardo: si riferiscono a lui i colleghi quando chiedono del riso bollito?’.
I come identità. Nel senso di dati anagrafici. Oltre che un cognome, i ciclisti hanno ovviamente un nome, anche se a volte si fatica a distinguerli: è il caso di Niccolò Bonifazio, che in squadra per comodità chiamano direttamente ‘ehi’. Peggio va a Salvatore Puccio, compagno di Froome: molti tifosi sono convinti che quello abbinato al nome sia un soprannome. Come già raccontato, in questo Giro sta diventando un’impresa individuare Ciccone: per quanto si distingua in corsa come uno dei più pimpanti, fatica ad essere accettato per quello che è, vale a dire Giulio Ciccone. Invitato al Processo Rai, è stato presentato come Fabio Ciccone: esser scambiato per Aru in questo Giro non è un complimento. Citato il giorno dopo sulla Gazzetta, è diventato Angelo Ciccone, già tricolore del keirin: per uno scalatore, non è bellissimo esser scambiato per un pistard. Ciccone (Giulio, in questo caso) meriterebbe di esser citato degnamente solo per essersi presentato al via di Penne indossando la pettorina dedicata alle vittime di Rigopiano, la più recente tragedia che ha colpito il suo Abruzzo: ha ricordato tutti i 29 nomi, dando una lezione a chi non ricorda il suo.
N come nascondiglio. Nel senso di rifugio dove aspettare che venga il proprio momento. Ne esistono di vari tipi: Simon Yates, ad esempio, ha scelto di parcheggiarsi sul palco delle premiazioni. E’ un rischio: non perché lo notano tutti, ma perché se continua a farlo potrebbero costringerlo a pagare l’Imu. Di tutt’altro gusto è il suo principale rivale, Tom Dumoulin, uno di cui è meglio diffidare: non perché ha già vinto il Giro, ma perché è l’unico olandese ad aver scelto un cognome francese. Camuffato non è solo nell’anagrafe, ma soprattutto in corsa: è l’unico Tom che bisogna individuare con il tom tom. Non lo vedi mai, nemmeno alle partenze, dove spesso il suo motorhome si piazza direttamente contro le siepi: è per nasconderlo meglio, ma anche perché, dopo i problemi intestinali sullo Stelvio un anno fa, non si sa mai. Vive regolarmente nell’ombra: non è solo strategia, a volte è un semplice modo per evitare colpi di sole. Studia questo tipo di comportamento in ogni occasione, compreso quando è in albergo: non accende le luci in corridoio, né quando sale le scale e tantomeno quando entra in camera. Così si prepara a saltar fuori quando è il momento di vincere il Giro: c’è da scommetterci, al buio.
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