RIABUSHENKO, IL TALENTO VENUTO DALL'EST

PROFESSIONISTI | 26/12/2017 | 07:03
Sorriso da guancia a guancia, occhi vispi e luminosi, poche parole ma idee chiare. Aliak­sandr Riabushenko ha conquistato l’Oscar tuttoBICI Gran Pre­mio Euromobil e non smette di ringraziarci anche se, appena tornato da Minsk dove ha trascorso tre settimane di vacanza, lo abbiamo tenuto impegnato due giorni tra Milano e Pieve di Soligo (TV). Il bielorusso della Palaz­za­go Multicar Amarù, corridore completo che l’anno prossimo passerà professionista con la UAE Team Emi­rates, si racconta con pacatezza, dimostrando di sapere bene cosa vuole. Nel corso di questa stagione ha fatto della continuità il suo punto di forza e, dopo aver accumulato un vantaggio sostanzioso nella parte centrale della stagione, lo ha difeso molto bene, prima di piazzare ancora nel finale vittorie im­portanti.

Era dal 2005 che sul palco degli Oscar tuttoBICI 
non saliva un corridore straniero: l’ultimo fu Alexander Efimkin, vincitore tra gli Élite. Tra gli Under 23 bisogna risalire al 2003 con Timochine a chiudere un quadriennio che vide i successi di Lagutin e due volte di Po­povych. Conosciamo la stella della ca­tegoria Under 23, che ci parla con un buon italiano, men­tre passeggia per lo showroom Euromobil - Zalf - Désirée che espone cucine, mobili e divani, tra cui spicca il suo premio, che finirà nella sua casa di Bergamo.

Sediamoci un attimo su queste belle poltrone. Raccontaci di te.
«Sono bielorusso, ho 22 anni, vivo nel­la capitale Minsk anche se ormai casa mia è a Bergamo e in patria torno solo per il campionato nazionale e le vacanze. Ho trascorso un po’ di giorni con la mia famiglia. Papà Svyatoslav ha una ditta di costruzioni, mamma Inna lavora con lui. Ho una sorella, Anna, che ha 14 anni, studia e pratica una sorta di triathlon che con il crescere dell’età prevede man mano di arrivare a 5 discipline, al momento si diletta nella corsa, nel nuoto e nel tiro. Sono tornato in Italia proprio per la Notte degli Oscar: un appuntamento che non potevo mancare».

Pensavi di poter vincere questo titolo?
«All’inizio dell’anno sinceramente no, anche se sapevo di poter essere protagonista. Ho ottenuto nove vittorie tra cui il Giro del Belve­de­re, la Bassano-Monte­grap­pa, il piccolo Giro di Lom­bardia, il Trofeo Del Rosso e una tappa al Gi­ro d’Italia Under 23. Inol­tre, ho po­tu­to correre tra i professionisti con la UAE Emi­ra­tes come stagista a partire dalla Cop­pa Bernocchi e tra po­chi giorni comincerò a tutti gli effetti la mia nuova avventura tra i grandi. A luglio mi sono ammalato, ho dovuto prendere gli antibiotici, ci ho messo un mese a recuperare, ma non posso la­men­tarmi. Dal Belvedere al Lombar­dia ho dimostrato il mio va­lore e portato a casa tante soddisfazioni».

Quando sei arrivato in Italia?
«Nel 2014, sono approdato in Toscana alla Altopack, ho vissuto a Lucca e corso due anni senza ottenere vittorie e poi nel 2016 sono passato alla Palazza­go con Olivano Locatelli. Con lui sono cresciuto molto, lo scorso anno ho vin­to il campionato europeo e quest’anno l’Oscar. Per questo gli ho chiesto di accompagnarmi per una serata davvero speciale, quella della quale sono stato protagonista a Milano».

Ora che hai la cucina nuova, dovrai anche offrirgli una cena.
«Forse sì (ride, ndr). L’anno prossimo però saremo rivali visto che lui è salito sull’ammiraglia della Gazprom, confesso che mi sembrerà strano. Insieme a lui e ai miei compagni in queste due ultime stagioni mi sono allenato molto. Il suo insegnamento è che bisogna im­pegnarsi sempre al massimo ed avere in testa solo la bici. Ai fornelli me la cavo, posso fare da mangiare qualcosa, da quando vivo in Italia cucino sempre da solo. Mi piace la pasta, la benzina migliore per il motore di un ciclista. Sono attento alla dieta (179 cm per un peso forma di 60 kg sono le sue misure, ndr), non mi pesa, fa parte della “vita” da corridore».

Quando è nata la tua passione per il ci­clismo?
«Direi che è innata considerato che mio padre correva. Di corridori bielorussi non ce ne sono tanti, abbiamo Vasil Kiryienka che è davvero forte ma, per come corre, il mio primo punto di riferimento è Alejandro Valverde. Non oso affermare di avere caratteristiche simili a lui, di certo io a differenza sua devo dimostrare ancora tutto. Sono proprio all’inizio, non vedo l’ora di met­termi alla prova. Approdo in un ambiente che ha sempre saputo dare spazio ai giovani, troverò in squadra grandi campioni e uno staff di altissimo livello: ci sono tutte le condizioni per migliorarmi costantemente».

Ricordi la tua prima bici?
«Benissimo. Era una Fausto Coppi in al­luminio, davvero bella. Me la diede la scuola di ciclismo locale. Quella fu la mia prima bici da corsa, prima da quando avevo 5 anni usavo una vecchia mtb con cui mi sono divertito un mon­do. Ho sempre amato la bici, per questo è stato naturale scegliere il ciclismo. La prima gara risale a quando avevo 12 anni, ricordo che fu dura perché da noi non ci sono tante categorie come qui in Italia, mi sono ritrovato a competere con ragazzi più grandi di me, che qui sarebbero allievi. Nono­stan­te la fatica provata, l’agonismo mi af­fasci­nò fin da subito».

Cosa ti aspetti dall’esordio tra i prof? 

«Voglio imparare, imparare e imparare. Studiare mi è sempre piaciuto, non per nulla in Bielorussia seguo un corso di business sportivo. Mi mancano 3 esami per ottenere la laurea, che un domani potrebbe tornarmi utile per diventare allenatore o direttore sportivo. Ormai il grosso è fatto, dovrei riuscire a completare il mio percorso di studi tra maggio e giugno 2018. Al primo impatto la squadra mi è parsa seria e ben organizzata. Presenta tanti giovani con i quali ho corso da dilettante tra cui Si­mone Consonni, Filippo Ganna e Oli­viero Troia che conosco bene, e uo­mini esperti come il bravissimo Ma­nue­le Mori, insieme ai campioni più af­fermati Fabio Aru, Alexander Kristoff, Dan Martin e Rui Costa. Sarà bello correre al loro fianco».

Che obiettivi ti sei posto per il 2018?
«Sono davvero felice per la prospettiva di diventare professionista e sono orgoglioso di poter vestire per i prossimi due anni la maglia dell’UAE Team Emi­rates, squadra che ha dimostrato di credere nelle mie potenzialità già durante questa stagione, dandomi la possibilità di correre come stagista. Non conosco ancora il mio calendario, lo stileremo in ritiro in Sicilia tra pochi giorni. Comunque sia, sono consapevole che mi aspetta un salto importante, ma voglio andare forte, imparare e vincere. Sì, già quest’anno. Per il futuro sogno di diventare un campione, in grado di vincere tappe nei grandi giri e classiche prestigiose come la Liegi-Bastogne-Liegi».
Ve l’ho detto subito che aveva gli occhi vispi e le idee chiare...

Giulia De Maio, da tuttoBICI di dicembre
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