E’ morto stamattina in bicicletta (e non poteva essere diversamente), scalando la Baltera in direzione colle Melogno, Luciano Berruti, velocipedista, punto di riferimento e icona del ciclismo Eroico. Residente a Cosseria in provincia di Savona, dove era nato il 25 novembre del 1943 e sposato da quasi 50 anni con una dolce donna polacca di nome Zofia, ha due figli, Leszek e Jacek di 46 e 37 anni che gli hanno dato dei nipotini.
Molto vivace da
ragazzino e proveniente
da una famiglia di modeste origini, a scuola spesso era punito perché
molto vivace. Ciclista amatoriale vulcanico e sui generis, nel ’95 prese
parte a una cronoscalata vicino a casa con una vecchia Bianchi modello
Parigi
Roubaix degli anni '50; voleva dimostrare che la differenza la fanno gli
uomini, non le biciclette. In seguito si presentò anche ad una corsa in
linea
ma i giudici non lo fecero partire perchè dissero che con quel mezzo
avrebbe
portato scherno agli altri partecipanti.
Qualche tempo più tardi venne a
sapere
che in Toscana veniva organizzata una corsa su Strade Bianche e su bici
d'epoca, era
l'Eroica. Nacque subito un amore disarmante con questa originale
manifestazione e in seguito ne divenne il
testimonial e l’ambasciatore più autentico facendo proseliti in tutta
Italia, ma
non solo. Spinto da una passione genuina, iniziò a collezionare e
restaurare biciclette, materiare d'epoca, abbigliamento ed accessori
vari. Pian
piano prese corpo l'idea di istituire un museo permanente nel suo paese
natale,
e grazie alle sinergie tra l'amministrazione Comunale ed alla Regione
Liguria,
nacque così il Museo della Bicicletta a Cosseria.
Ma il suo testamento spirituale si rivolge soprattutto a i giovani che vogliono veramente “assaporare” l'essenza del ciclismo. Il messaggio è quello di non disdegnare, ma anzi, “amare” vecchi mezzi meccanici con i componenti e i rapporti originali, macinando chilometri senza supporto e nessuna assistenza, mangiando e bevendo cosa capita sul percorso. Questo era la normalità per i pionieri, e solo provando in prima persona tutto ciò, si può veramente capire quello che era il ciclismo degli “eroi” del passato. E soltanto chi conosce le loro sensazioni e le loro storie può veramente apprezzare ed amare anche i veri campioni e il ciclismo dei giorni nostri.
Carlo Delfino
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