I VOTI DI STAGI. FROOME HA L' EREDE, ARU IL SUO AVVERSARIO

I VOTI DEL DIRETTORE | 23/07/2017 | 20:18
di Pier Augusto Stagi          -
 
Dylan GROENEWEGEN. 10. Mi ero espresso in tempi non sospetti, durante questo Tour mi aveva davvero impressionato e oggi, sui Campi Elisi, ha ottenuto il successo più importante della sua giovane carriera. Ne sono certo: è solo il primo.

André GREIPEL. 8. Ha lottato, sofferto, patito, ma alla fine è arrivato a Parigi, e per poco non rifilava il colpo da maestro. Ma ad un maestro cosa si fa, se non alzarsi in piedi per applaudirlo?

Edvald BOASSON HAGEN. 7. Non mi aveva mai convinto, o meglio, molto meno rispetto a quanto ci si aspettava da lui. Ma in questo Tour è stato davvero un portento. Dall’inizio alla fine: anche oggi.

Nacer BOUHANNI. 4. Dovrà rivedere le proprie ambizioni, la propria considerazione, è un velocista, buono ma non buonissimo. C’è chi prende a pugni la bicicletta, lui i pugni spesso li rifila. Da questo Tour, però, ne esce suonato.

TOUR DE FRANCE. 8.
Sotto l’aspetto tecnico c’è poco da dire: gran Tour. Sotto l’aspetto puramente spettacolare, meglio calare un velo impietoso, pardon, pietoso. In sede di presentazione avevo previsto che sarebbe andata a finire così, non tanto perché la so lunga, ma perché conosco gli Sky, come si preparano e come corrono. Meno chilometri contro il tempo? No problem: fanno una cronosquadre tutti i santi giorni. In tivù a ripetere di continuo che non si capisce per chi tirino, noi a prendere nota semplicemente del fatto che loro tirano il collo a tutti, e quando arrivano le salite c’è poco da attaccare, se non staccarsi o rimanere aggrappati. La media record del Tour è quella datata 2005, vinto da Lance  Armstrong davanti a Ivan Basso e Jan Ullrich: 41.653 km/h. Quella di quest’anno è la seconda di sempre, visto però che quel Tour di Armstrong e quindi la sua media è stata cancellata, forse sarebbe il caso di dire e scrivere come farebbe Gian Paolo Ormezzano (fac, fino a prova contraria), che la nuova media record è questa: 40.953 km/h. Dicevano che sarebbe stato il Tour degli scalatori, di Bardet, senza fare il conto con l’oste: pardon, i baronetti di Sua Maestà la Regina.

Chris FROOME. 8. Non è mai stato un esempio di eleganza e stile, in bicicletta, perché Chris è sicuramente un signore, per come si comporta e si muove. Ogni tanto vola qualche vaffa, ma fa parte del gioco (a proposito: basta con il fair play, queste cose fatele con i vostri figli, se proprio volete). Quello dell’anno scorso è stato il Froome che più mi è piaciuto, il più forte in assoluto, su tutti i terreni: salita, discesa, pianura, con attacchi imprevisti e impossibili, anche contro il vento. Quello di quest’anno è stato più umano, meno devastante, per questo i battuti non devono tanto fare gli smargiassi.

Rigoberto URAN. 9. La Cannondale di Charly Wegelius fa un miracolo, e il colombiano lo rende possibile. Non cammina sulle acque, ma pedala veloce in bicicletta, su tutti i terreni. Fatica a stare in piedi nella crono inziale di Düsseldorf, poi è un costante stare lì con i migliori: per me, il migliore. Bravissimo anche il nostro Alberto Bettiol (voto 7), del quale non si conoscono ancora i limiti, proprio per questo mi aspetto di tutto.

Romain BARDET. 6,5. È uno dei pochissimi francesi che quando pedalano non tirano fuori la lingua, lui però arriva alla terza settimana con la lingua che tocca il palmer. Invece di attaccare, si attacca: al podio, per un secondo.

Mikel LANDA. 8. Dà chiaramente l’impressione di essere forte, ma un po’ lo tengono con il guinzaglio corto, un po’ fa tutto Kwiatkowski e quando tocca a lui deve fare i minimo sindacale, perché il polacco ha già massacrato tutti. Si meriterebbe il podio, che perde per un secondo. Resta quarto, ci resta male. Ma alla Sky ci resta ancora per poco: adesso però toccherà solo a lui dimostrare che con lui i british non hanno capito nulla. Non ha più scuse.

Michal KWIATKOWSKI. 10. È vero che correre in aiuto è ben diverso che correre da capitano, ma questo ragazzo ha tenuta fisica e mentale di assoluto livello. Sono convinto che Brailford ci stia già seriamente pensando: sarà lui l’uomo sul quale investire per il futuro. L’erede di Froomey è in casa: fortissimo a cronometro, fortissimo in discesa, fortissimo in salita, va solo verificato se ha la giusta quantità di sangue freddo per sopportare la pressione di tre settimane e gli ultimi 5 km di tapponi alpini o pirenaici. Ci si può lavorare e ci lavoreranno.

Fabio ARU. 7. Giratela come volete, ma il campione d’Italia è l’unico che ha interrotto, per qualche giorno, il dominio Sky. È stato quello che ha forse divertito di più a a Planche des Belle Filles, ha tenuto per due giorni la maglia gialla, ha lottato fino alla fine con la nobiltà del ciclismo mondiale, ha conquistato la tappa che gli mancava ed è entrato nel ristretto club di quei corridori che hanno vinto almeno una tappa in tutti e tre i Grandi Giri. Un anno fa, al suo esordio in Francia, chiuse 13°. Quest’anno fa un salto l’importante: 5°. Se avesse avuto una squadra… Se non si fosse beccato la bronchite, se fosse venuto al Tour Kangert, se non fossero andati a casa Fuglsang e Cataldo… Se ci fosse ancora Michele Scarponi, ci penserebbe lui a trovare una risposta adeguata per dire quello che tutti pensano, anche Fabio.

Daniel MARTIN. 7.
Continuo in tutte e tre le settimane: se non finisse per le terre lungo la discesa del Mont du Chat, dove in pratica accompagna e attutisce la botta anche al povero Richie Porte, la sua classifica sarebbe probabilmente migliore. Grande Tour, il suo.

Simon YATES. 6,5. È ancora giovane, si porta a casa la maglia bianca, ma non osa mai, o quasi mai. Corre come se dovesse vincere il Tour: non si lascia mai andare. Solo quando sono gli altri a lasciarlo: indietro.

Luois MEINTJES. 6. Combatto ma non mollo, questo è il suo credo. Tenace è tenace, se impara a limare e a osare qualcosa di più tatticamente, può fare un grande salto di qualità. Averlo in squadra è un lusso: tanto investimento, per un guadagno da Titoli di Stato.

Alberto CONTADOR. 5,5. Io gli darei anche la sufficienza, perché è un grande, perché è Alberto. Però sarebbe il primo a dire che così non va. Lui ci ha messo il cuore e l’anima. Ma non è stato sufficiente per dare un senso ad un Tour a senso unico: sempre ad inseguire.

Warren BARGUIL. 8. Due tappe (e che tappe). La maglia a pois sul podio di Parigi, un attaccante nato, che ora dovrà capire cosa fare da grande. Assieme al nostro Aru e a Rigoberto Uran, è un pezzo forte del ciclomercato. Fino ad ora ha corso sempre per squadre non francesi: lui si sente un cittadino del mondo. Può conquistarlo.

Damiano CARUSO. 6,5. Con tutta la sua Bmc era qui per lavorare per Richie Porte, una volta perso il capitano, s’inventa uomo classifica e tiene in piedi da solo tutta l’allegra brigata rossonera. Arriva 11°. Non è assolutamente poco.

Nairo QUINTANA. 4. Non è nemmeno il caso di infierire, infatti non lo faccio. Anzi, alla fine dico che è stato anche bravo, perché uno come lui poteva anche andarsene a casa, invece ha deciso di lottare e soffrire fino alla fine, per un modesto 12° posto. Chapeau!

Diego ULISSI. 6,5. Ha capito sulla propria pelle cosa significhi correre il Tour. L’ha capito quando per entrare in una fuga bisogna “menare” per più di un’ora a tutta. Tutto è esasperato, grande, complesso e difficile. Per questo il suo secondo posto di tappa vale come una vittoria. È solo l’inizio.

Thomas DE GENDT. 8. È stato l’uomo delle fughe (oltre 1200 chilometri all’attacco), sempre via, sempre lontano, sempre alla ricerca di qualcosa e di qualcuno. A Parigi, tagliato il traguardo, non l’hanno più visto. Immarcabile.

Gianluca BRAMBILLA. 5,5. È arrivato qui non in perfette condizioni, torna a casa non in perfette condizioni. Il Tour non è il massimo per guarire. Ora tiri il fiato, per un grande finale di stagione: quando lui sta bene, sono gli altri a star male.

Pierre ROLLAND. 5. Ha lavorato un pochino per Uran, ma non tantissimo. Dopo il Giro, gambe in croce.

Luke ROWE. 6. La Sky è testa e coda. Luke è la coda, intesa come fondo della classifica. Fine del gruppo. Isolato, distaccato, disperso ma non perso. Arriva a Parigi, e con lui è il caso proprio di dire che comunque guardi la classifica, non cambia proprio niente: la Sky è sempre in cima.
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COMMENTI
L'umorismo involontario di Stagi
23 luglio 2017 23:48 pickett
Tutti i big del ciclismo mondiale stanno già tremando al pensiero di quando entrerà in forma Brambilla!Pier Augusto...Ma fammi il piacere!

24 luglio 2017 07:46 tempesta
Dire che ARU puo vincere il Tour ci vuole Fantasia ,E non parliamo di Ulisse che Cosa ha fatto ?Parliamo di uno die migliori corridori che abbiamo .

Scott
24 luglio 2017 09:07 SCOTT
Caro Stagi cambia mestiere, dire che se ARU avesse avuto una squadra....... perché URAN che squadra aveva, e poi piantiamola con la bronchite, il primo che sapeva che no c\'era è Martinelli che di ciclismo ne sa. Un buonissimo corridore ma i campioni son un\'altra cosa

voti
24 luglio 2017 10:26 bernacca
anche per me Aru (che tifo sia chiaro) difficilmente potrà vincere un tour, ha dei limiti fisici evidenti che la sola volontà non potrà sopperire.
kwiato: se vince un tour allora i dubbi saranno enormi... mai andato in salita
chavez: nessun voto? è stata la delusione più grande
mejentes: quando crescerà?

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